Scampia è per antonomasia il simbolo emblematico della periferia italiana. Disagio, criminalità, malessere sociale e disoccupazione: è in questo contesto che si inseriscono le Vele, realizzazioni che hanno fatto da protagonista, nella nascita prima e nello sviluppo poi, delle varie attività criminali gestite da famiglie che di questo complesso ne fanno la loro roccaforte.
Il progetto nasce a seguito della legge 167/62 quando il comune di Napoli acquista dei terreni nel comparto urbano di Secondigliano, oltre l’aeroporto di Capodichino, per realizzare grandi edifici, di ampio respiro, di edilizia popolare. Dopo l’approvazione ministeriale del 1965 inizia la progettazione di grandi strutture con tipologia a Torre ed a Vela. Disegnato dall’architetto Francesco Di Salvo, il complesso si componeva di sette blocchi di dimensioni importanti – 100 m in lunghezza e 45 m di altezza, pari a 14 piani – che dovevano ospitare migliaia di persone provenienti da vari rioni della città. Gli edifici, ispirati ai principi lecorbuseiani dell’Unité D’Habitation, a quelli di Kenzo Tange legati all’utilizzo di strutture “a cavalletto” e più in generale alla tendenza megastrutturista molto di moda negli anni ‘60, non vennero mai realizzati come da progetto a causa delle ditte appaltatrici che per motivi economici alterarono, in fase di esecuzione, il progetto iniziale. http://design.fanpage.it/gomorra-la-serie-5-cose-che-non-sapevi-sulle-vele-di-scampia/
Ogni edificio, convergente verso l’alto e di forma triangolare che ricorda il profilo di una vela latina – da qui il nome Vela –, presenta due corpi di fabbrica paralleli tra loro, uniti da ballatoi sfalzati a mezza altezza che, mediante rampe di scale, conducono agli alloggi, di dimensione standard di 50 mq con terrazza esterna di 10 mq. Questi elementi dovevano ricreare in un’ottica tecnologica lo sviluppo urbano della città antica: le terrazze a gradoni rappresentavano le colline artificiali del capoluogo campano così come i ballatoi dovevano richiamare alla memoria i vicoli del centro storico dove si fondavano tra loro sapori, odori e il vivere quotidiano.
Molteplici furono le ragioni che portarono al fallimento del progetto: la sostituzione delle strutture a cavalletto con strutture trilitiche che comportarono la diminuzione della distanza tra i due blocchi – da 12 m a 8.20 -, l’eliminazione dei due piani di spazi pubblici, originariamente progettati con aree verdi, servizi commerciali e aree gioco, a favore di ulteriori e fatiscenti alloggi di fortuna, la mancanza di collegamenti infrastrutturali con il centro e l’assoluta assenza fino al 1987, quindici anni dopo le prime assegnazioni, delle forze dell’ordine hanno portato il quartiere ad annoverarlo tra i più pericolosi e degradati d’Italia.
Tra il 1997 e il 2003 furono abbattute tre delle sette realizzazioni iniziali. Oggi si discute se demolire le altre quattro Vele o mantenere viva la testimonianza architettonica di un periodo storico, riqualificando e riconvertendo le strutture.
Alcune storie di criminalità avvenute a Scampia sono state trascritte nel libro ”Gomorra” Da Roberto Saviano e successivamente sono state riprodotte nel film omonimo.