Villa Planchart

Gio Ponti

Calle La Colina, Caracas Metropolitan District 1060, Venezuela, 1954-1957


Villa Planchart, uno dei capolavori di Gio Ponti, è pensata per i coniugi Anala ed Armando Planchart, incontrati per la prima volta a Milano nel luglio 1953 e definiti dallo stesso Ponti «genitori esemplari» dell’opera, per lo stretto rapporto sviluppatosi durante la progettazione e la costruzione della villa, e la fiducia accordata al progettista.

La villa sorge sulla cima di un’altura da cui si vede, in una meravigliosa infilata, la città di Caracas distesa nella lunga valle che corre fra le Pendice dell’Avila da un lato e i rilievi collinari dall’altro. La villa di Caracas è figlia delle esperienze maturate da Ponti durante i viaggi in America nel 1953, ed in particolare delle suggestioni nate dall’osservazione della struttura in cemento della stazione di servizio di Niemeyer tra Sao Paulo e Rio de Janeiro, e, per contrasto, delle massicce ville radicate nella roccia di lava del Pedrigal in Messico, opera di Barragan.

L’architetto progetta senza visitare il luogo ed avvalendosi di foto e racconti dei suoi committenti, fino al suo primo viaggio a Caracas del gennaio 1954: sul giardino vulcanico l’architetto inizia ad immaginare costruzioni leggere come aquiloni, laddove la natura della collina e la collezione di orchidee di Armando Planchart costituiscono un importante elemento di progetto e verranno infatti accolti all’interno della villa e dei suoi giardini arredati. La fitta corrispondenza tra Ponti ed i suoi committenti, nonché l’affinità nata tra di essi, è testimoniata dalle celebri lettere disegnate che l’architetto invia numerose, per tutta la durata dell’impresa.

La villa Planchart – chiamata “El cerrito” (la collinetta) per la sua peculiare posizione geografica – è una residenza a patio dal volume compatto ma con andamento spezzato secondo l’asse di simmetria, concavo per contrastare i venti prevalenti. Da questo impianto, la scansione degli ambiti interni si frammenta secondo la continua ricerca di Ponti di scorci e visuali trasversali, generati dagli innumerevoli punti di vista che traguardano lo spazio domestico, ben descritti dalle sue celebri piante “abitate”. Una balconata-ponte consente il rapporto visivo tra più ambienti e l’interrelazione tra i due livelli, la zona giorno al piano terra e la zona notte al primo piano. Le attrezzature flessibili e mobili, l’acquario-bar, i due camini uno esterno e uno interno, il grande patio centrale, sono parte degli elementi volti a generare un ambiente continuo e luminoso, attraversabile trasversalmente e pensato per accogliere grandi porzioni di cielo, di verde, di vita. La luce scolpisce il volume della villa suggerendo colorati arredi e rivestimenti.

Ponti ne “La casa all’italiana” teorizza la scomparsa del muro che, non essendo più necessità strutturale ma elemento portato, si assottiglia, gli angoli diventano illusori e le superfici si affiancano senza mai incontrarsi. A Caracas i muri di facciata sono staccati dalla copertura, la cui ampia e sottile superficie di gronda appare come la continuazione del soffitto del salone, e come una grande ala appoggiata sulla villa, per proteggerla. Le pareti esterne sono rivestite in piastrelle bianche di ceramica e chiudono l’intera scatola con estrema leggerezza: più che un volume, l’edificio appare composto da superfici sospese. E tale appare anche di notte, poiché l’illuminazione interna connota l’edificio e dona effetti inediti, secondo l’idea di Ponti di un progetto notturno di auto-illuminazione.

Scompaiono all’interno della villa le divisioni tra ambienti, sostituite dalle modernfold grazie alle quali isolamento e unità si possono alternare: la casa è fluida, in un’infilata tutti gli ambienti si unificano. Non ci sono porte tranne quelle strettamente richieste dai regolamenti edilizi.

Concepita da Ponti come “opera d’arte totale”, l’interno è progettato in stretta relazione con gli arredi e gli oggetti che lo abitano per la maggior parte progettati dallo stesso architetto, e con opere d’arte commissionate a diversi artisti italiani come Fausto Melotti, che concepisce la scultura verticale del patio esterno, e Romano Rui, che realizza i due camini affacciati su esso. Sono presenti anche quadri di Morandi e del pittore venezuelano Reveron. Inoltre Ponti ricorre a numerose ditte italiane per arredare secondo un gusto elegante e moderno l’intera casa, immaginata con colori tenui (giallo, bianco e grigio) e ricca di opere di Damiano Chiesa, Cassina e Fornasetti.

Autore Scheda
adriano90

Autori Secondari
naila laksari
Revisori
Alberto Coppo
Valeria Sansoni
Dettagli del progetto
Stato dell'opera

Originale

Funzione

Residenze unifamiliari, ville

Tags

antonio fornaroli, caracas, facciata leggera, gio ponti, patio, planchart, venezuela, villa

Categoria di intervento

ex novo


Cronologia

Inizio della progettazione: 1953
Realizzazione: 1954-1957
Inaugurazione: 8 dicembre 1957

Figure professionali coinvolte

Gio Ponti, progetto architettonico e di arredo
Antonio Fornaroli, progetto delle strutture
Mario De Giovanni, responsabile del cantiere

Gustavo Ferrero Tomayo, presidente della Commissione di Lottizzazione di Caracas
Graziano Gasperini, primo referente di Ponti a Caracas

Committenza

Anala e Armando Planchart

Monografie

Ponti, Gio. Amate l'architettura. Milano: Rizzoli, 2008 (ristampa), ISBN 8817027758.

Arditi, Gloria, Claudio Serratto. Gio Ponti. Venti cristalli di architettura. Venezia: il Cardo, 1957, ISBN B005RXFIDE.

Porcu, Michele, Attilio Stocchi. Gio Ponti. Tre ville inventate: Planchart, Arreaza, Nemazee. Milano: Abitare Segesta, 2003, ISBN 8886116616.

Greco, Antonella (a cura di). Gio Ponti. La villa Planchart a Caracas. Roma: Kappa, 2008, ISBN 8878909009.

Gomez, Hannia, Giovanni Chiaramonte. El Cerrito. la obra maestra de Gio Ponti en Caracas. Milano: Ultreya, 2008, ISBN 9807270006.

Irace, Fulvio. Gio Ponti. La casa all'italiana. Milano: Electa, 1988, ISBN 9788843524495.