Uffici Giudiziari

Giuseppe Perugini, Vittorio De Feo, Manfredi Nicoletti et al.

Piazzale Clodio, 5, Roma, 00195 RM, Italia, 1958-1969


Composto da 3 edifici a pianta rettangolare, la Città Giudiziaria si sviluppa su una superficie di 10 ettari in una zona residenziale ai margini del quartiere delle Vittorie. Nel 1957 il comune di Roma decise di bandire un concorso per costruire la nuova città giudiziaria a piazzale Clodio, dal momento che i precedenti uffici, che al tempo erano distribuiti tra il palazzo di Giustizia a Piazza Cavour, palazzo Clarelli a via Giulia e palazzo Nardini a via del Governo Vecchio, non erano in grado di rispondere alle esigenze della vita giudiziaria della capitale. I lavori di realizzazione, iniziati nel 1961, furono interrotti per problemi alle fondazioni, e  ripresero due anni più tardi, nel 1963. Gli edifici che costituiscono il complesso, alti tra i 5 e i 6 piani,  sono collegati tra loro da una piastra a due livelli che emerge dalla quota della piazza e che è stata destinata allo smistamento del traffico automobilistico e pedonale.
Su di essa un’articolazione  di strutture portanti,di  rampe,  di diaframmi e di dislivelli, determina  la formazione di una sequenza di spazi micro-urbani tanto che, nel suo saggio “Continuità evoluzione architettura”, Manfredi Nicoletti parla appunto di una “architettura-città”.
Un’alternanza di uffici e percorsi caratterizzano la struttura, definendo una distribuzione  “a corpo triplo”.
Nella parte centrale del complesso, inoltre, è presente anche una “strada-corridoio” realizzata con una pavimentazione in blocchi di porfido, usato molto spesso come pavimentazione delle strade romane. Questo materiale è adottato in tutti gli spazi pubblici del complesso, nella piastra e negli altri livelli, anche laddove la “strada-corridoio” di cui abbiamo parlato si allarga andando a formare delle piazze nei punti di maggiore affollamento. Le pareti esterne  inoltre, sono state realizzate con pannelli di cemento gettati in opera in casseforme metalliche grecate.
A distanza di circa 1 m dagli elementi verticali, sono presenti i diaframmi di involucro esterno ancorati ai solai aggettanti, i quali avvolgono tutto il volume e rendono possibile la realizzazione di finestrature a nastro modulari e continue, di altezza variabile a seconda delle funzioni. La pianta dell’edificio ha una distribuzione degli spazi molto lineare in cui gli unici elementi verticali sono gli ascensori e le scale, oltre agli elementi portanti. Questo permette una grande libertà nella suddivisione del volume in base alle funzioni, che possono tranquillamente essere variate a seconda delle esigenze. Questa flessibilità ha consentito una serie di variazioni degli schemi distributivi e degli elementi che compongono l’edificio. La pavimentazione originale è stata sostituita nel 1988 da lastre di granito grigio. Tra il 1988 e il 1990, inoltre, si decise di raggruppare ulteriormente i diversi esercizi giuridici, andando a creare la città giudiziaria come oggi la conosciamo. Questo avvenne grazie alla realizzazione della nuova corte d’appello all’inizio di Via Antonio Varisco, edificio su 5 piani di circa 20.000 metri cubi con spazi destinati alla presidenza della corte, agli uffici e allo svolgimento dei processi.

Autore Scheda
Marangi93
Revisori
Cinzia Capalbo
Dettagli del progetto
Funzione

Tribunali

Tags

edilizia pubblica, giuseppe perugini, vittorio de feo

Categoria di intervento

Cronologia

Bando di concorso 1957
Progetto 1961
Fine costruzione 1969

Figure professionali coinvolte

PROGETTISTI
N.Monteduro, G. Perugini, F. Bruno, V. De Feo, U. De Plaisant, E. Giangreco, F. Girardi,
M. Nicoletti, P. Reggiani

Monografie

Rossi, Piero Ostilio. Roma. Guida all'architettura moderna 1909-2011. Bari: Editori Laterza, 2012, ISBN 9788842099178.

Conforti, Claudia, Francesco Dal Co. Vittorio De Feo. Opere e progetti. Electa Mondadori, 1986, ISBN 8843520784.

Nicoletti, Manfredi. Continuità, Evoluzione, Architettura. Bari: Dedalo Libri, 1978, ISBN 9788822008084.

Zevi, Bruno. Cronache di architettura - vol. 3. Laterza, 1978.