Il passaggio dal XV al XVI secolo fu caratterizzato dalla morte di Giovanni Visconti e dalla caduta di Ludovico il Moro, che aveva fatto di Bramante l’ingegnere ducale dello stato di Milano. L’architetto, in quegli anni, decise così di trasferirsi a Roma dove ebbe immediatamente importanti commissioni. Nel 1502, infatti, gli fu commissionato dal Re di Spagna un edificio circolare periptero, eretto sul sito tradizionalmente indicato come quello del martirio di San Pietro.
L’inizio del Millecinquecento segna così un momento significativo dell’architettura rinascimentale: il superamento della fase umanistica. Si potrebbe fare un parallelo tra il rinascimento fiorentino di Brunelleschi e quello romano di Bramante; infatti proprio grazie alla progettazione ed edificazione del Tempietto di San Pietro in Montorio assistiamo all’affermazione del cosiddetto “rinascimento romano”. Il Tempio è il primo edificio del rinascimento in cui la cella, secondo la maniera antica, è circondata da un colonnato su un plinto che sostiene un’architrave, ed in cui gli intercolumni sono uguali in tutto il perimetro (non indicando quindi la posizione dell’altare). Esaminando l’opera più attentamente, si può notare uno degli elementi di rottura con il secolo appena passato: l’interno con un diametro di 4,5 metri è di dimensioni troppo ristrette. Gli edifici a pianta centrale precedenti, infatti, erano concepiti in primo luogo come spazi coperti per la celebrazione dei riti ecclesiastici, il Tempietto invece è un monumento per commemorare San Pietro. L’opera del Bramante segue i modelli antichi (il martirium pagano) persino nella copertura (cupola semisferica in calcestruzzo), anche se la cupola si imposta sul tamburo e non sull’ordine maggiore. Tale tamburo ha l’altezza uguale al raggio (come nel Pantheon), è scandito da paraste con aperture visibili dall’esterno e coronato da una cornice aggettante verso l’interno, su cui si imposta la cupola conclusa con una lanterna. Come i martiria cristiani, il Tempietto è a base circolare a rimarcare il primato diSan Pietro come primo pontefice e primo martire. Le chiavi raffigurate nel fregio richiamano il tempio di Giano e Portuno.
L’eccezionalità di questa realizzazione fu riconosciuta immediatamente: gli stessi contemporanei di Bramante lo citano nei loro testi, accostandolo alle grandi architetture del passato. Palladio lo inserisce ne “I quattro libri dell’architettura” e Sebastiano Serlio gli dedica quattro pagine del terzo dei suoi Libri sull’architettura intitolato “Delle Antichità” inserendone pianta, prospetto e sezione. Secondo quest’ultimo, la pianta del Tempietto non fu eseguita in tutte le su parti: il progetto originario prevedeva di inserire il Tempietto in un chiostro circolare con sedici colonne, proporzionalmente maggiori di quelle del Tempio stesso secondo un principio di scalarità. Per questo motivo, all’interno avrebbero dovuto esserci sedici paraste, più basse e sottili, ma poiché non c’era spazio sufficiente, Bramante ne inserisce otto ma non con uguale intercolumnio al fine di collocare la porta di accesso alla cella.
Tutte le sperimentazioni portate avanti da Bramante in quest’opera saranno d’ispirazione per molti architetti successivi, e soprattutto saranno il punto di partenza per la ricostruzione della Basilica di San Pietro.