Il padiglione Serpentine progettato da Peter Zumthor e Piet Oudolf è una struttura temporanea allestita dal 1° luglio a 16 ottobre 2011 davanti all’omonima galleria all’interno dei giardini di Kensignton a Londra. Il padiglione come da tradizione è predisposto per accogliere eventi musicali, teatrali e una caffetteria. La struttura si presenta all’esterno come un enigmatico parallelepipedo nero alto 5,3 m, largo 12 m e lungo 33m. All’interno i progettisti collocano un piccolo giardino al centro di un patio, protetto da una copertura a quattro spioventi introversi a formare un recinto. L’ermetico blocco viene raggiunto attraverso sei piccoli sentieri curvilinei che si incastrano in altrettante bucature disposte simmetricamente sui lati lunghi. Superata questa prima soglia il visitatore è immerso in un ambiente scuro lungo e stretto illuminato da fioca luce indiretta. Lo spazio intermedio è una cesura in grado di isolare e mediare le relazioni tra due esterni con caratteristiche diametralmente opposte: il parco di Kensington, con orizzonti aperti e segni distesi e il chiostro temporaneo con la sua forza centripeta. Una volta entrati, dopo una serie di calibrati disorientamenti e ricollocamenti, siamo in grado di decodificare la sintetica ed efficace struttura compositiva dell’edificio. La sezione a C del recinto è cava. La sua estrusione genera due ambienti concentrici e anulari, uno interno e in penombra tra le murature, uno porticato e illuminato dal cielo contenente il giardino.
L’atmosfera del giardino recintato
Il padiglione si pone come archetipo astratto del rapporto duale edificio-natura, nel quale la tradizionale relazione tra paesaggio e costruito si ribalta. Il recinto di Zumthor circoscrive, abbraccia e mette in scena una porzione simbolica di natura. L’hortus conclusus progettato da Oudolf diventa così il protagonista dell’opera, incorniciato dalle geometrie di Zumthor. L’architettura si ritira nei suoi pochi segni, comportandosi come un fondale neutro, schermo necessario per mettere in evidenza una natura disomogenea da ammirare. Il movimento è precluso, l’obbligo di girare attorno, senza poter far parte dell’ambiente naturale, è metafora di una meta irraggiungibile e allo stesso tempo a cui anelare nella comprensione dell’equilibrio dello spazio non architettonico. Siamo così costretti a lunghe e meditative osservazioni dal margine, per cercare di cogliere la catalizzante bellezza del giardino recintato. L’atmosfera di questa costruzione utilizza componenti essenziali dell’architettura, isolati dalla selettiva poetica di Zumthor: uno spazio rigoroso delimitato da un unico elemento – un muro porticato-, un solo materiale, una porzione di natura -ma potremmo di dire di paesaggio- e la luce. Pochi attori in scena, in grado di generare comfort e relazioni di senso nelle menti e nei corpi di chi li abita.
Il processo e la costruzione
La progettazione dei due sistemi, il muro porticato e il giardino, è avvenuta paradossalmente in modo completamente indipendente e in due fasi successive. Sarà Zumthor, infatti, dopo aver ricevuto l’incarico dalla galleria e aver abbozzato il recinto, ad affidare l’organizzazione del verde al paesaggista olandese senza voler più interloquire col collega. Diversamente da altri giardini progettati dal paesaggista, quello del Serpentine ha durata limitata nel tempo. Ciò ha condizionato fortemente la scelta e l’età delle essenze che non avendo tempo di crescere sarebbero dovute fiorire in un breve e specifico momento. Per Oudolf questo ritaglio di natura è da considerarsi anch’esso un vero e proprio allestimento temporaneo. Il resto del padiglione, costruttivamente, è una struttura leggera semi prefabbricata. Il telaio in legno massello giuntato con piastre d’acciaio è posato su cordoli di cemento armato. I pannelli di rivestimento in compensato sono chiodati e ricoperti completamente da una doppia finitura combinata di vernice poliuretanica impermeabilizzante nera e tela di iuta. Questa materialità spoglia è estremamente importante per Zumthor. In questo caso il progettista vuole riferirsi direttamene al contesto circostante e in un primo momento l’opera viene perfino immaginata in mattoni faccia vista. Per questioni anche economiche il laterizio viene sostituito con il legno. La finitura scura è allusione alle impermeabilizzazioni con la pece del mondo nautico, eco della vocazione commerciale e industriale che ha reso nei secoli Londra una metropoli. Con questa consistenza più leggera, l’opera manifesta un’espressione di temporaneità, in grado di non ingannare l’osservatore sul suo orizzonte di vita limitato, acquisendo un fascinoso carattere di astrattezza ed eccezionalità.