Nella provincia di Sichuan della Cina sud-occidentale, nota per le sue città storiche e i paesaggi incontaminati, lo studio MUDA Architects è stato incaricato di un’ambiziosa opera di ristrutturazione in un sobborgo rurale di Sansheng Township, il cosiddetto “polmone verde di Chengdu”. L’intervento, che i progettisti hanno ricevuto nel 2018, rientra in un più ampio programma di riqualificazione di questo territorio a forte vocazione turistica.
Per il ristorante Garden Hotpot, immerso in una foresta di eucalipti e sviluppato intorno a uno stagno di fiori di loto, i MUDA Architects si sono posti come obiettivo principale quello di offrire un’esperienza esclusiva cercando, al contempo, di preservare l’ecosistema con una struttura dal minor impatto possibile. Dopo aver mappato manualmente il sito al fine di restituire l’andamento tortuoso del terreno e la posizione precisa degli alberi al limite del bosco, gli architetti hanno deciso di ispirarsi alla danza del vapore sprigionato dalle pentole di brodo bollente del piatto tipico qui servito: l’hot pot, o “fonduta cinese”. L’aspetto formale del ristorante infatti, viene determinato da una copertura curvilinea che segue in maniera sinuosa le sponde dello stagno ed è sostenuta da esili pilastri: la sua leggerezza ricorda le esalazioni emanate dalla specialità culinaria locale.
Sebbene visto dall’alto, il progetto presenti una geometria chiusa come quella di un recinto volto a preservare lo specchio d’acqua dall’avanzare della fitta vegetazione circostante, esso, in realtà, è totalmente permeabile: il clima mite della regione ha consentito di eliminare del tutto pareti e vetrate e, oltre alla copertura con i relativi supporti, l’altra ulteriore componente strutturale è una piattaforma in legno che definisce il piano del pavimento e si configura come proiezione parallela della pensilina sovrastante. Qui sono distribuiti tavoli di diverse dimensioni e, di fianco ai posti a sedere dal lato dello stagno, si trova una passerella panoramica che consente di osservare ancor più da vicino il tappeto di fiori di loto.
La vocazione minimale e delicata di questa architettura non si legge soltanto nell’essenzialità del suo scheletro e nelle linee organiche che si adeguano al contesto, ma anche nella scelta di cromie e materiali. La copertura, rivestita in lamiera di acciaio zincato verniciato, è sollevata di tre metri dal suolo mediante i sottili pilastri, a loro volta in acciaio, che con un diametro di appena 88 mm sembrano volersi dissolvere tra i tronchi degli eucalipti; per entrambi gli elementi i MUDA hanno scelto il colore bianco, come a dichiarare un’eterea presenza – una tela su cui lasciar imprimere i colori della vegetazione – che si smaterializza quando una suggestiva foschia comincia a innalzarsi nell’aria. Il piano del pavimento – la piattaforma – è in legno anticorrosivo: sul margine esterno, il colore scuro dell’essenza richiama quello del terreno senza creare contrasti; lungo il bordo dello stagno, invece, esso appare sospeso sulla superficie dell’acqua ed evoca l’immagine di una barca da pesca tradizionale.
La semplicità estetica del progetto si riflette anche nel suo montaggio; per adeguare infatti le tecniche di costruzione alle competenze della mano d’opera locale, privi di strumenti all’avanguardia, l’assemblaggio delle parti è stato concepito con tecnologie di saldatura semplificate, in grado di ridurre tempi e costi.
L’intervento, nella sua piccola scala, ci regala un magistrale esempio di fusione tra la cultura gastronomica del sito, i moderni stili di consumo e l’ecologia rispettosa del territorio; l’azione umana, che dalle viste aeree pare aver recintato un’oasi per i visitatori all’interno della foresta, ha dato vita a uno spazio totalmente attraversabile che, con pochi gesti, si innesta gentilmente tra le trame naturali. Diventa quindi palese l’intento dei MUDA Architects di rendere impercettibile qualsiasi confine tra dentro e fuori, tra naturale e artificiale e di creare un’atmosfera esclusiva.