IL QUARTIERE
Il quartiere Tuscolano II nasce negli anni 1952-57 come un’ amplificazione dei modelli abitativi del quartiere INA-Casa “Stella Polare” al Lido di Roma (1948-49) ed in S.Paolo a Valco, Roma (1949-50).
L’impianto urbanistico è curato da Mario De Renzi e Saverio Muratori, mentre le soluzioni architettoniche e tipologiche sono state più frequentemente affrontate individualmente.
L’ intenzione di De Renzi e Muratori, è quella di costrurire un Italia dalle “Belle Case” e cambiare la mentalità costruttiva del dopoguerra con la società INA-Casa, la quale cerca di dare un nuovo aspetto all’ edilizia popolare, aruollando per questo fine architetti noti da diverse scuole.
Nel caso della costruzione del Tuscolano II si cercò di creare un quartiere autosufficiente, ma comunque adeguato alla complessità urbana e consolidato da diverse tipologie di edifici e costruzioni. Tenendo conto della personalità del precedente modello utilizzato, si cercano nuove soluzioni, più moderne, con l’ arricchimento del motivo linguistico utilizzato. Il quartiere si sviluppa intorno ad una strada principale con alla sua fine, una piazza ed un palazzo che comprende attività commerciali al piano terra. Questo ipotetico asse, affiancato da diversi edifici in linea, ha in testata due edifici di quattro piani orientati verso il quartiere orizzontale di Libera.
CASE IN LINEA: IL BOOMERANG
Giungendo dalla via Tuscolana, si presenta il primo edificio in linea del quartiere: il complesso di Largo Spartaco, il cosiddetto “boomerang” (1950) e la chiesa ipogea dell’Assunzione di Maria Santissima (1954-70), attualmente incompleta di cupola, di Saverio Muratori.
Un blocco di alloggi in linea, a sette livelli e dalla rigida pianta angolata a “V”, è rivestito in cortina laterizia, e ritmato da snelli pilastri rastremati e da cornici marcapiano a leggero rilievo. Nelle specchiature della griglia che ne risulta viene ospitato e ripetuto infinite volte il binomio finestra-balcone.
Il muro laterale, interamente cieco e anch’esso rivestito in cortina di mattoni, segnato da cornici marcapiano finemente lavorate con copertine inclinate a favorire lo scolo dell’acqua e, sul fronte retrostante, la sobria compostezza del gioco di balconi.
Superato il sottopassaggio centrale dell’edificio, accesso principale al quartiere in asse con la via Segunto, si scorgono le altre case in linea della seconda strada che taglia perpendicolarmente il boomerang di Muratori, creando in questo modo dei confini, quattro settori entro i quali possono esprimersi i quattro collaboratori di Muratori e De Renzi: Tassotti, Vagnetti, Cambellotti e Perugini.
Questo edificio è la posizione dell’intero sistema del quartiere, costituisce una coraggiosa presa di posizione nei confronti della cultura del momento priva di rigore metodico ed incline a decorativismi correnti. Ne è espressione stilistica l’intersezione obliqua delle fronti dell’edificio con l’ortogonalità tipica delle singole cellule abitative aggregate in linea continua.
LE TORRI
A limitare il quartiere, stabilendo rapporti visivi a scala territoriale, si elevano, vigili e trionfali, le torri: sul lato orientale, quelle a dieci livelli di Mario De Renzi. In numero di sei, esse mostrano una pianta stellare a quattro bracci, con volumi trapezoidali che sporgono dal nucleo centrale, ospitando quattro appartamenti per piano. Completa il prospetto, lateralmente, il profilo sagomato delle mensole che sorreggono i balconi, in origine delimitati virtualmente da una struttura metallica schermabile.
Sul fianco occidentale, impostate su via Cartagine, le ulteriori cinque torri, di cui la prima, quella centrale e l’ultima, a firma di De Renzi; le restanti due, progettate da Muratori. Molto simili tra loro, mostrano un compatto volume quadrato e si elevano su nove livelli, contenendo due appartamenti per piano, disposti simmetricamente rispetto al nucleo di collegamenti verticali. Gli alloggi, costituiti da due camere da letto, salone e servizi, sporgono dal sobrio prospetto intonacato, oggi segnato da improprie cornici marcapiano, mediante balconi poco aggettanti. Interessante la soluzione del tetto, che lascia un settore scoperto a servizio degli stenditoi, mantenendo però la sagoma strutturale delle travi.