Girasole è il nome dato all’omonima palazzina dall’architetto Luigi Moretti, che amava attribuire un nome ai propri edifici.
In particolare, i panneggi che increspano le pareti laterali della palazzina, in corrispondenza delle camere da letto, catturano i raggi del sole generando e accentuando variazioni di luce, suggerendo così a Moretti il nome “Girasole”.
Questo edificio sorge nel quartiere Parioli, attestandosi su un lotto rettangolare lungo viale Bruno Buozzi. Essendo questo uno dei quartieri più signorili della città di Roma, la destinazione d’uso prevede appartamenti di lusso, un attico e un superattico con terrazza, quest’ultimo riservato al committente dell’opera Adolfo Fossataro.
La palazzina Girasole risulta essere un edificio che tende a differenziarsi dagli altri, discostandosi grazie ad uno stile decisamente moderno rispetto al contesto, pur mantenendo un carattere razionalista, tipico del periodo fascista. Inoltre, da un punto di vista topologico, interagisce felicemente con il terreno, non imponendo il proprio carattere, ma al contrario, adeguandosi al terreno stesso. L’architetto, infatti, per sviluppare l’edificio prende spunto dal declivio del terreno, giocando su di un’asimmetria a livello della facciata d’ingresso, leggibile grazie alla presenza di elementi dissonanti come ad esempio una sorta di timpano posto alla sommità, che risulta avere diverse angolazioni rispettivamente a sinistra e a destra dell’asse centrale, o come il basamento di pietra di ampiezza macroscopicamente diversa nei due lati. Il blocco centrale della palazzina è costituito da un grosso vuoto, lungo tutta l’altezza, su cui si snodano i collegamenti verticali: uno ad uso pubblico verso l’ingresso del viale, uno privato sul retro. Questa fenditura, che taglia verticalmente la facciata d’ingresso prospiciente viale B. Buozzi fino all’atrio, viene coperta nei giorni di pioggia da una volticina mobile di alluminio, che scorre sui telai di ferro sistemati nella terrazza del superattico, azionata elettricamente dalla portineria.
L’edificio, organizzato intorno ad una corte interna, è costituito da un basamento arretrato, in travertino di Tivoli, che comprende un piano seminterrato, un piano rialzato con accesso autonomo dall’atrio semiesterno, e l’alloggio del custode. Una grande scala, retta da un enorme pilastro in cemento, rastremato e aggettante sul cortile, conduce, insieme all’ascensore, ai cinque piani superiori. Dal basamento, su coppie di travi rastremate in cemento a vista, si staccano i due avancorpi paralleli dell’edificio, interamente rivestiti di minute e brillanti tessere di pasta di vetro bianca, impreziosendo le fasce marcapiano che si alternano orizzontalmente alle partizioni vetrate dei soggiorni. A questa facciata riccamente e minuziosamente abbellita ne è contrapposta una posteriore semplicemente intonacata, perché esposta lungo una strada secondaria.
L’edificio è animato da una struttura a telaio in cemento armato, mentre le tamponature sono in laterizio forato. La distribuzione dell’edificio è organizzata in quattro piani con due appartamenti ognuno, più un attico con un solo alloggio. Il piano tipo si presenta diviso in due appartamenti, secondo la direttrice dell’asse della facciata principale. Sul prospetto frontale affacciano i soggiorni; sul fianco le camere da letto e i servizi, e sul retro le cucine e un piccolo alloggio di servizio.
Dagli schizzi di studio visibili nelle immagini è possibile notare come Moretti sia stato scrupolosamente attento ad ogni minimo dettaglio, studiando, nel caso del pilastro, una forma che varia a seconda della direzione della luce, e trovando dei punti di minimo e di massimo aggetto. Per quanto riguarda invece la forma della parte laterale dell’edificio, dove sono collocate le camere da letto, l’autore si ispira alla natura, prendendo spunto dalla conformazione degli “alberi di montagna” e delle piante. Da ciò, dunque, ne deriva questa forma conifera, inconsueta ma funzionale, visibile chiaramente in pianta.