Lotto XXIII alla Garbatella

Nel dopoguerra, su un impianto urbano ormai definito, vengono realizzati numerosi interventi di “completamento”. La nuova edificazione insiste su lotti già parzialmente edificati (come il lotto 9 progettato da Pietro Sforza) e su isolati ancora liberi come nel caso di questo imponente intervento di Nicolini. Qui la tipologia di impianto che lavora sull’articolazione volumetrica frammentando i fronti dell’isolato e costruendo lo spazio interno del cortile, prende forza nel suo ruolo urbano attraverso un basamento continuo destinato ai negozi e nella impostazione simmetrica rispetto a largo delle Sette Chiese. Su questo asse Nicolini imposta la pianta e costruisce i prospetti, dove quello principale ha logge aggettanti nel volume centrale e angoli pieni sui due edifici laterali rafforzati dal disassamento dei balconi verso l’angolo interno. Sfruttando il dislivello tra largo delle Sette Chiese e via Giacomo Biga i corpi di fabbrica arrivano ad una altezza di cinque piani e rispetto ai vicini edifici di Palmerini su via Cravero e di Marconi su via delle Sette Chiese cambiano decisamente il linguaggio architettonico. È forte in questo intervento la suggestione dei palazzi Federici di Mario De Renzi realizzati a viale XXI Aprile, in modo particolare nei caratteri dei fronti che prospettano nell’ampio cortile, con le torri delle scale aggettanti, le trifore dei servizi e l’elegantissimo coronamento degli edifici che alleggerisce l’imponenza dei volumi. Tutti temi reinterpretati attraverso l’esperienza e la padronanza di un linguaggio già maturato dall’autore nei numerosi interventi di quartieri romani e in particolare nelle borgate allora già realizzate: Tiburtino III, il Villaggio Breda, il Trullo e il Quarticciolo.