A ridosso del Grande Raccordo Anulare, nella zone periurbana tra la Casilina e l’uscita per l’autostrada verso Napoli, sorge una delle opere più importanti dello studio IaN+.
L’edificio, localizzato in un paesaggio marginale tra città e campagna, fa parte di un sistema puntiforme di case rurali adibite a dipartimenti e laboratori della stazione di Idrobiologia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Apparentemente indifferente al contesto, il manufatto si relaziona al paesaggio rurale mediante la forma, la stereometria delle bucature e la matericità della superfice delle facciate. La composizione architettonica è organizzata intorno ai parametri del programma funzionale in ordine alle necessità di tipo distributivo, impiantistico e di contenimento dei costi. L’esito formale è quello di un volume compatto: un parallelepipedo di tre livelli, sottoposto ad una serie di deformazioni che rendono l’involucro dinamico.
La distribuzione planimetrica risulta essere particolarmente efficace: i laboratori sono collocati nei primi due livelli, mentre nel terzo si articola una ampia sala riunioni. Questo spazio, con una insolita inclinazione verso l’alto, come un cannocchiale, è caratterizzato da una grande lastra di vetro strutturale che fuoriesce dal perimetro, determinando un profondo aggetto che mette in relazione l’interno con il paesaggio in cui è inserito, “un punto di vista privilegiato su tutto ciò che accade nell’area circostante”. Il sorprendente esito formale determina un’ architettura che travalica il suo significato, ponendosi come felice esperienza di land-art e in relazione con l’ opera di James Turrell.
La spazialità interna si sviluppa nel contrappunto tra il vuoto verticale dei sistemi distributivi, il vuoto ottenuto dall’inversione della pendenza del tetto e la densità volumetrica dei laboratori.
Esternamente l’edificio presenta dei prospetti piuttosto articolati; il fronte principale, quello est, è caratterizzato dall’aggetto trasparente che genera una zona d’ombra a protezione dell’ingresso. Il prospetto posteriore, invece, enfatizza il rapporto pieno-vuoto, sezionando la parete simmetricamente; una parte, aperta, che mostra l’articolazione di tubature e degli impianti racchiusi da una gabbia metallica, e un’altra, assolutamente chiusa, con tre piccole finestrature orizzontali.
Differente è il trattamento delle pareti laterali che si differenziano rispetto alla loro esposizione: mentre quella nord prende luce da aperture geometriche, l’altra posta a sud è incisa da una “costellazione” di piccoli oblò che consente di proiettare fasci di luce all’interno dell’edificio.
L’astrazione figurativa del volume è contraddetta dalla rugosità della finitura. Le superfici esterne realizzate con un intonaco a grana grossa di colore rosso mattone attuano un processo di mimetizzazione cromatica dei Laboratori con le costruzioni rurali del contesto.
Lo studio IaN+ è riuscito, nonostante le dimensioni relativamente piccole, a costruire un landmark in grado di generare connessioni con il contesto circostante in una zona di frontiera verso la campagna.
Il progetto nel 2006 è stato premiato come migliore opera prima italiana dalla Triennale di Milano, ottenendo la Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana.