In via Perrone di San Martino, una delle strade del minuto tessuto edificato dell’area del Villaggio dei Giornalisti, nella zona a nord est della città, si trova la villa dell’architetto Figini, costruita a metà degli anni Trenta e presto assurta a modello dell’architettura razionalista. Forse proprio per la sua elementare semplicità, ben rappresenta l’affermazione di un equilibrato connubio tra forma e funzione. Una sorta di dichiarazione delle minime necessità vitali e spirituali necessarie all’esistenza in una grande città.
La particolare casa d’abitazione appoggia su una serie regolare di pilastri, esile griglia a pilotis che rimanda alle architetture di Le Corbusier, dalla cui lezione Figini applica in questa che è la propria abitazione il modello delle case al Weissenhof di Stoccarda (1927) e della Villa Savoye a Poissy (1929). La pianta rettangolare alquanto allungata è orientata secondo l’asse eliotermico, così da garantire il miglior apporto di illuminazione e il controllo della calura nelle calde estati milanesi.
La struttura portante è su pilastri in cemento armato, che anima anche la scala di accesso al piano dell’abitazione. Al primo livello il salone di soggiorno, aperto sul terrazzo, la cucina ed una stanza da letto “di servizio”; al livello superiore, più contenuto in pianta, la zona notte con camera da letto e bagno, affacciati su due terrazze solarium, una attrezzata come palestra, l’altra dotata di piccola vasca marmorea a pavimento. Una sorta di giardino dentro casa, dunque, ma anche una casa dentro il giardino, che traguarda i suoi limiti e s’infila nel sottoportico, dove i pilastri raccolgono le tracce ascendenti di edere e rampicanti. Le facciate a perimetro dell’edificio sono ad intonaco civile con tinteggiatura finale bianca; sui terrazzi le murature sono trattate al rustico, con tinteggiatura, originariamente verde, identica alle pareti esterne. Le facciate sono caratterizzate dal segno netto delle finestre a nastro del primo livello, con serramenti avvolgibili colorati in verde, incisione replicata in alto nella muratura che diventa a vento, lasciando in evidenza una sottile linea di travatura estesa al perimetro.
La casa è un diaframma che, attraverso le aperture, entra nello spazio circostante e da questo si lascia penetrare, assieme al sole, al vento, al paesaggio che, ricordiamolo, al momento dell’edificazione era caratterizzato da ampi spazi verdi e coltivati all’intorno.