Il quartiere Spine Bianche (definito oggi anche “il Bottiglione”) è uno dei quartieri di edilizia residenziale popolare realizzato nella seconda metà degli anni ’50 a Matera, in seguito ad un concorso bandito dal Ministero dei Lavori Pubblici per il risanamento dei “Sassi”.
Il rione è situato a nord-ovest di della città, nella zona compresa fra via Dante e via Nazionale e circoscritta lateralmente da via Manzoni e via Lazazzera; occupa una superficie totale di 152.790 mq, con 687 alloggi per complessivi 3500 abitanti e con una densità territoriale conseguente di 230 ab/ha.
Il progetto vincitore del concorso fu quello proposto da C. Aymonino, C. Chiarini, M. Girelli, S. Lenci e M. Ottolenghi, che presentarono un sistema di disposizione spaziale secondo il quale ogni edificio fosse posto al centro di un sistema di circolazione e le aree di verde pubblico si alternassero con percorsi pedonali e zone di passaggio; in questo modo infatti, grazie anche ad una grande attenzione per le proporzioni ed alle altezze dei nuovi blocchi residenziali, il quartiere non si presentava come un borgo indipendente e a sé stante, bensì come parte viva della città, in grado di dialogare con il tessuto urbano circostante.
In seguito, il Ministero dei LL. PP. propose una collaborazione fra i diversi gruppi premiati e Fiorentino e Selem, Sangiraldi, Gorio e Valori, De Carlo e Baldassarre entrarono a far parte del team dei progettisti.
Nella revisione del progetto iniziale, le scelte edilizie furono approfondite soprattutto riguardo gli “aspetti tecnologici, ambientali e distributivi” (Casabella, Continuità, n. 231): la facilità costruttiva, definita all’esterno da finiture durevoli in mattoni multiformi a faccia a vista (che non necessitassero dunque di una manodopera costante), e la scelta dell’utilizzo di materiali quali il cemento armato per la struttura, tegole marsigliesi per la copertura, asfalto per i marciapiedi e lastre di cemento per le strade carrabili, hanno contribuito a definire un’architettura estremamente semplice seppur ampiamente pensata e ad economizzare i costi di costruzione, riducendoli notevolmente.
Nonostante la scelta di utilizzare tipologie costruttive anche molto lontane fra loro, gli architetti sono riusciti a far convergere le diverse idee progettuali in una composizione unica ed armonica, la quale conferisce all’intero quartiere un motivo di unitarietà attraverso delle idee compositive e costruttive ben definite e mirate ad un senso di organicità del costruito. All’interno del quartiere infatti coesistono sistemi distributivi differenti.
I blocchi residenziali in linea sono stati progettati da Aymonino collaborazione con Ottolenghi e Fiorentino, i quali scelgono di adottare nella disposizione interna alloggi normali e duplex, articolandoli su un’altezza complessiva di tre piani fuori terra; la soluzione ad angolo di raccordo fra i blocchi ortogonali è opera unica di Aymonino.
Un secondo esempio di edificio con abitazioni normali e duplex è costituito dal disegno di Fiorentino e Selem.
Inoltre, la tipologia a torre, riconoscibile da un’altezza di cinque piani fuori terra, è stata progettata dall’architetto Chiarini, mentre quella a blocco isolato, con alloggi disposti su tre piani, è di Girelli.
De Carlo ha invece contribuito alla composizione attraverso il progetto di un edificio di forma allungata, in cui il piano terra è adibito ad attività commerciali, mentre i due piani superiori sono destinati ad un uso residenziale.
Anche Sergio Lenci provvede alla progettazione funzionale delle aree commerciali, ideando un’ulteriore edificio in linea disposto su due livelli, il cui piano inferiore è costituito da negozi.