La Casa Balilla, commissionata a Moretti dall’ONB (Opera Nazionale Balilla), doveva concentrare al suo interno più funzioni e spazi diversi, come uffici di rappresentanza, spazi per attività ginniche e ricreative, attività assistenziali e lavorative.
L’edificio, concepito inizialmente come una giustapposizione di volumi differenti, è costituito dall’accostamento di due parallelepipedi destinati alle palestre e al teatro e di un cilindro che determina l’articolazione interna.
Le funzioni sono così organizzate: il centro organizzativo e di rappresentanza è collocato nella torre; il centro sportivo e ricreativo è collocato nel corpo delle palestre all’aperto; il centro assistenziale-sanitario e il centro di lavoro giovanile che include aule, teatro e uffici scolastici, si collocano nel basso volume adiacente all’edificio preesistente.
La concentrazione di diverse funzioni si riflette, a livello compositivo, in un linguaggio particolare in cui si alternano volumi geometrici rigidi e forme sinuose, come la terminazione delle palestre sovrapposte o la scala elicoidale interna, e tale sperimentalismo è dovuto anche al fatto che la GIL corrisponde a una tipologia edilizia del tutto nuova. All’interno, gli spazi si articolano come un flusso ininterrotto in cui mancano vere e proprie delimitazioni e chiusure, ma piuttosto gli ambienti si differenziano per scarti, dislivelli, restringimenti e dilatazioni collocati spesso nei punti più critici di raccordo o intersezione. Tale fluidità è dovuta all’impiego del cemento armato e alle sue caratteristiche tecnologiche, ma ciò non impedisce a Moretti di rapportarsi con il linguaggio classico attraverso il rivestimento in travertino della torre e della parte basamentale dell’edificio.
L’accesso alla GIL, su Largo Ascianghi, avviene attraverso una scalinata a terminazione circolare e un portone collocato al centro della Torre Littoria: è qui reso evidente un tema cruciale per la composizione interna, la presenza di sequenze prospettiche: si scorgono infatti in secondo piano il corpo delle palestre e l’edificio che ospitava gli uffici.
La torre, alta 30 metri, è rivestita in travertino ed è maggiormente slanciata attraverso una correzione ottica che prevede a partire dalla dodicesima lastra di rivestimento una rastremazione di un grado degli spigoli. Varcato il portone, uno spazio di passaggio conduce alla porta di accesso vera e propria, oltre la quale si apre un ampio vestibolo da cui partono due percorsi: il primo, longitudinale, attraversa la Sala d’Onore e l’Area Esposizioni, fino ad arrivare a un’altra area di sosta, che da un lato immette al piano terreno alla zona delle grandi palestre e al cinema-teatro, e dall’altro, al primo piano, alla Sala delle Riunioni e alla Biblioteca; il secondo percorso, verticale, dal vestibolo conduce ai livelli superiori dove si trovano la Biblioteca, gli uffici, fino a arrivare alla sommità della Torre Littoria.
Elementi di qualità all’interno di questa architettura sono molteplici: i corpi scala, la trasparenza e la permeabilità, il susseguirsi di scorci prospettici, la ricchezza di relazioni. I corpi scala non sono mai celati e contribuiscono a rendere più armoniosa la composizione configurandosi come una vera e propria modalità per organizzare sequenze, sia in verticale che in orizzontale. La gestione dello spazio interno è improntata su una grande permeabilità per cui gli ambienti sono separati attraverso dislivelli, scarti o deviazioni. Ciò produce scorci prospettici mutevoli facendo percepire il legame tra l’architettura e il fluire del tempo. La trasparenza dei prospetti rappresenta l’adozione di un linguaggio diverso che si avvale della lezione del razionalismo europeo opponendosi alla massività delle superfici della tradizione architettonica italiana: nel volume delle palestre diviene mancanza di ogni sorta di tamponatura o di infisso, oppure nel corpo degli uffici trasparenza significa superfici vetrate, come nella parete che ospita l’ascensore e il corpo scala che conduce alla torre.