La stazione Termini deve il suo nome alle preesistenti terme di Diocleziano, costruite intorno al 300 d.C. Quest’area, fino alla seconda metà dell’800 (cioè fino a quando non venne poi costruita la stazione ferroviaria), è stata considerata marginale e, nel corso dei secoli, si è sempre ricercato un assetto formale che interpretasse le esigenze della città di Roma. Nel 1575 papa Gregorio XIII diede avvio all’allestimento di grandi magazzini negli ambienti termali, che divennero un importante nodo commerciale: questo rese indispensabile la realizzazione di collegamenti sia con la città che con la campagna. Infine, nel 1862, papa Pio IX decise di affidare alle Terme di Diocleziano il ruolo di stazione centrale ferroviaria.
Le aspirazioni della nuova realizzazione unite alla decisione di trasferire a Roma la Capitale d’Italia, determinarono un radicale cambiamento nell’assetto urbanistico. Nel 1863 Luigi Gabet formulò una soluzione per la stazione di Roma, in cui erano compresi: servizi per i viaggiatori, ampi spazi dedicati alle attrezzature per le merci e per la manutenzione, luoghi di deposito delle carrozze. Nei propositi iniziali, il fronte principale doveva essere caratterizzato da una grande piazza rettangolare e guardare la basilica di S. Maria degli Angeli. Il progetto finale, che riprende quello precedente, vede la fusione di tre interpretazioni diverse su di uno stesso tema: Gino Coppedè del 1922, Marcello Piacentini 1924 e il Gruppo Urbanisti Romani del 1929.
Successivamente venne proposto all’architetto Angiolo Mazzoni del Grande l’incarico di realizzare un nuovo progetto per l’edificio della stazione di testa, il quale prevedeva “una maggiore concentrazione dei servizi lungo i fianchi dei binari, affidando al fabbricato frontale una funzione di atrio”. I lavori vennero però interrotti nel 1942 a causa della Seconda Guerra Mondiale: la struttura rimase perciò incompleta.
Nel primo dopoguerra venne formata una commissione che aveva il compito di studiare soluzioni operative per il completamento della stazione ferroviaria. I criteri previsti per la realizzazione dell’edificio erano i seguenti: necessità funzionali, requisiti urbanistici e criteri architettonici. Il bando prevedeva un prolungamento fino a 350 metri dei marciapiedi, con l’obiettivo di avere più spazio per una maggiore agevolazione per la preparazione dei treni; i servizi dedicati ai viaggiatori dovevano trovarsi nel nuovo fabbricato; l’edificio di Via Marsala doveva esser demolito per far spazio ai nuovi uffici compartimentali delle F.S. Il premio fu vinto da due gruppi: il primo composto da Eugenio Montuori, Leo Calini, il secondo da Annibale Vitellozzi, Massimo Castellazzi, Vasco Fadigati e Achille Pintonello.
Le idee fondamentali dei loro progetti consistevano nel mantenere intatti ed autonomi tre importanti entità funzionali: portico automobilistico, atrio viaggiatori e uffici. In particolar modo la parte dedicata agli uffici risultava molto importante quale elemento di raccordo tra i due fabbricati. La struttura della copertura è caratterizzata dalla pensilina ondulata protesa con un aggetto sull’antistante Piazza dei Cinquecento per 19 m, sostenuta da 33 pilastri a fuso con interasse di 4 metri. Essa si stacca dalla struttura degli uffici in corrispondenza del secondo solaio ed oscilla tra i 13.50 m e i 9.80 m, rialzandosi dunque alla quota 12.45 m al colmo dello sbalzo.