Il complesso parrocchiale dei Santi Gioacchino ed Anna, progettato nel 1979 dall’architetto Sandro Benedetti, viene realizzato tra il 1982 e il 1984.
Nasce come centro religioso per Torre Spaccata, un quartiere della periferia di Roma Est, costituito da edifici residenziali anonimi, e caratterizzato da una sostanziale assenza di centri di aggregazione. Il complesso oltre a svolgere il ruolo di centro religioso, svolge anche quello di luogo di incontro. Esso è dotato di una serie di spazi destinati a diverse attività, come campi da gioco e un teatro all’aperto. La chiesa, l’edificio della canonica e quello della catechesi, articolati secondo una “C”, sono collegati tra loro da una corte aperta verso i campi da gioco.
LA “MONTAGNA SACRA”
Il complesso parrocchiale, inserendosi nel contesto, si distingue dalle seriali volumetrie del tessuto edilizio circostante grazie alla forte articolazione dei volumi che lo compongono. Esso appare come una vera e propria “montagna sacra”, riprendendo come afferma lo stesso autore, “un tema fondamentale dell’architettura medievale, per il quale l’edificio religioso è posto come oggetto di mediazione tra la Terra e il Cielo“. (Benedetti Sandro. Architettura sacra oggi: evento e progetto. Roma: Gangemi, 1995)
La chiesa è “costruita su un sistema progressivamente crescente di volumi, che, nascendo dall’esterno, aumentano verso l’interno, polarizzandosi nel complesso dei grandi tiburi e del campanile. […] Quest’ultimo assume il ruolo di elemento ordinatore dell’intero sistema compositivo.” (Benedetti Sandro. Architettura sacra oggi: evento e progetto. Roma: Gangemi, 1995). Priva di una vera e propria facciata, essa si presenta con l’ingresso principale anticipato da un dispositivo che media il luogo sacro con la città: il portico. Quest’ultimo, rialzato rispetto al livello della pavimentazione circostante, svolge sia la funzione di indirizzare verso l’ingresso principale, che quella di inquadrare il crepidoma di forma quadrata che, ruotato rispetto all’asse stradale, riprende le diagonali interne del sistema costruttivo della chiesa.
Per quanto riguarda la pianta dello spazio assembleare, si tratta di una reinterpretazione della croce latina privata del braccio superiore: la figura del TAU. Questa soluzione, accogliendo in parte i rinnovamenti derivati dal Concilio Vaticano II, elimina la cappella principale del capocroce e permette di “fare avanzare l’altare verso l’assemblea, unificando il rapporto spaziale tra area presbiteriale ed area dedicata al Popolo di Dio.” (Benedetti Sandro. Architettura sacra oggi: evento e progetto. Roma: Gangemi, 1995)
L’interno della chiesa è articolato in un’ampia navata centrale e due navatelle laterali rialzate rispetto alla prima. Queste definiscono un ritmo trasversale del tipo “b-A-b”. La navata centrale è composta da due moduli quadrati connessi tra loro da un rettangolo minore di ampiezza pari a quella delle navatelle. Secondo questo schema lo sviluppo longitudinale dell’impianto è costituito da un ritmo “A-b-A-b”. La simmetria della pianta è rotta dal volume del confessionale, posto alla sinistra dell’ingresso principale, e dall’ambito destinato al tabernacolo, situato alla destra del varco d’ingresso della chiesa. Sospeso al centro del tiburio si trovava il grande crocefisso ligneo, opera di Jan Smigacz, attualmente rimosso e sostituito da un crocefisso di epoca medioevale e di origini umbre, ora appeso dietro l’altare.
L’illuminazione della chiesa è garantita da un complesso sistema di camere di luce che nascondono la vista delle finestre. Le uniche visibili sono le quattro grandi vetrate colorate del tiburio principale. Queste ultime, realizzate dal pittore Guido Strazza, rappresentano quattro diverse interpretazioni della figura della Croce. All’interno vi è una contrapposizione bicromatica tra le pareti di tamponamento, interamente intonacate di bianco, e le parti strutturali caratterizzate dal grigio del cemento armato a faccia vista. Per quanto riguarda la struttura è da sottolineare che la costruzione è frutto di un forte simbolismo e come afferma l’architetto Benedetti: “tutto il disegno delle travi in cemento armato delle coperture è desunto dal disegno del Crismon, cioè dal monogramma paleocristiano di Gesù Cristo”. (Benedetti Sandro. Architettura sacra oggi: evento e progetto. Roma: Gangemi, 1995).