Nel 1870, con l’unità d’Italia in cui Roma venne scelta come capitale, fu redatto un nuovo piano regolatore per dare un aspetto più moderno e funzionale alla città. Il 9 Luglio del 1873 fu presentato al Consiglio Comunale che lo approvò ma non fu mai convertito in legge dallo stato. Il Tevere doveva diventare, insieme alla ferrovia ed alla Via Ostiense, una via di comunicazione d’importanza strategica ed economica che avrebbe permesso una veloce evoluzione di quell’area che era morfologicamente adatta alla crescita di un polo industriale cittadino. Rendere navigabile fino al mare il Tevere fu necessario per dare un nuovo aspetto economico a Roma che in quel periodo si presentava poco sviluppata ed arretrata rispetto al resto dell’Italia. L’8 marzo del 1883 venne attuato il nuovo Piano Regolatore.
Il quartiere Garbatella nacque il 18 Febbraio 1920. La sua morfologia era delineata da colline tufacee dette “Rocce di San Paolo”, dalle gole e dalle strade circondate da muri che delimitavano gli ingressi alle proprietà. La ferrovia Roma-Ostia e la rete viaria da Via delle Sette Chiese, via del Casal Serafini e via Argonauti formarono la base su cui fu progettato il primo impianto urbano. L’idea iniziale era quella di creare una borgata di casette modello con orti adatti ad artigiani e operai, mentre le case vicine alla zona industriale erano destinare agli addetti all’industria e all’attività portuale.
L’area si sviluppa tra il 1920 e il 1935 circa, cambiando però il suo assetto rispetto alla progettazione iniziale. Venne infatti abbandonata l’idea della home-workplace, per dare spazio all’edilizia economica e quindi ad una costruzione più rapida che potesse accogliere le famiglie in tempi brevi.
La Garbatella si sviluppa con la pianificazione urbanistica Umbertina, che aveva come obbiettivo la costruzione di un canale parallelo al Tevere che doveva arrivare fino ad un porto collocato tra Testaccio e Garbatella. Lungo l’attuale via del Porto Fluviale furono progettati una serie di lotti abitativi per i lavoratori. Nel 18 febbraio 1920 Vittorio Emanuele III posò la prima pietra in Piazza Benedetto Brin dove ora sorge una lapide commemorativa.
Il quartiere storico, suddiviso in 62 lotti, fu affidato dall’Istituto Case Popolari (ICP) a differenti architetti ed ingegneri, su un territorio di circa 26 ettari; oltre a Gustavo Giovannoni contribuirono ai progetti Massimo Piacentini, Innocenzo Sabbatini e successivamente anche Costantino Costantini, Plinio Marconi e Gian Battista Trotta.
Il modello della città giardino si basava su piccoli villini economici con giardino privato ed alcuni fabbricati più grandi, per un totale di 40 palazzine con 190 alloggi. Lo stile utilizzato è quello del “barocchetto romano”, con forme sinuose che danno vita a edifici neomedievali. Alcuni elementi come comignoli, cancellate, finestre, caditoie e fregi in rilievo (che spesso riproducono strane specie animali) caratterizzano l’intera area. All’interno del quartiere sono però individuabili altri modelli architettonici che vanno dallo stile ottocentesco semi rurale del primo nucleo su Via delle Sette Chiese, alle fantasie ostiensi e teatrali di Piazza Bartolomeo Romano, alle innovazioni tipologico-linguistiche del “lotto 24” espressione del manifesto Piacentino.
Nei lotti I, II, III e IV che definiscono il primo gruppo di edifici realizzati ci troviamo di fronte alla messa a punto di un modello insediativo dove i caratteri ancora rurali e un po’ prematuri del nuovo quartiere si uniscono all’emergenza edilizia ed urbana di Piazza Benedetto Brin. Questi edifici comprendono unità abitative essenziali e piccole attività commerciali e si sviluppano intorno ad un arco centrale, in asse con la scalinata che scende verso la Via Ostiense, che si pone come baricentro dell’intera composizione. Negli edifici che si affacciano su Piazza Bartolomeo Romano, lo stile architettonico di Innocenzo Sabbatini si affianca alle caratteristiche della modernità metropolitana. Infatti, oltre ai nuclei abitativi i due edifici includono, un grande cinema-teatro e i bagni pubblici in dotazione all’interno del quartiere.
Dopo il 1927 trionfa la tipologia degli “alberghi collettivi”; il nuovo progetto consiste in un complesso di edifici che si sviluppa intorno alle 3 piazze adiacenti alla circonvallazione Ostiense; questo nuovo sistema si sviluppa ad Y e rappresenta una tipologia edilizia opposta a quella prevista nel modello di città giardino. Questi grandi edifici, detti “Alberghi Rossi” sono 4 ed oggi sono abitati da circa 200 famiglie ognuno.
Durante il XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e dei Piani Regolatori, venne dato il via alla progettazione di 12 edifici sperimentali. Tra questi si distingue la piccola casa bifamiliare all’angolo di Via delle Sette Chiese di Mario De Renzi, la quale costituisce un punto di riferimento per afferrare la vitalità della cultura romana sul finire degli anni venti.
La Garbatella è caratterizzata dalle sue strade tortuose, dalle ripide scalinate, dalle incantevoli piazzette e soprattutto dalla luce e dai colori ormai degradati. La tonalità che prevale nel quartiere è il rosso, lo ritroviamo negli intonaci dei palazzi e nei mattoni a vista, in contrasto con il bianco delle colonne, delle cornici, delle finestre e dei tanti elementi decorativi sulle facciate e il nero del ferro battuto delle ringhiere, delle grate e dei cancelli. L’altro colore predominate è il verde della vegetazione rigogliosa.
LOTTI DI MAGGIORE INTERESSE:
LOTTO V – FABBRICATO 1 – PIAZZA BRIN
Una dei primi complessi della città giardino, il suo arco centrale rappresenta la porta dell’intero quartiere ed è il collegamento tra piazza Brin e il cuore della Garbatella. E’ costituito da due edifici aventi un corpo scala ciascuno, con tre alloggi per piano. Il volume non è compatto e le facciate sono decorate da diversi elementi architettonici opposti alla regolarità della pianta. Sabbatini utilizzò la stessa pianta per entrambi gli edifici creando prospetti asimmetrici. Le tecnologie usate sono: muratura mista di tufo con ricorsi di mattoni, facciate intonacate miste a parametri rustici in pietra e mattoni, solai con putrelle di ferro, tetti con struttura in legno e tegole alla romana, finestre con infissi, scuri, persiane a battente e serrande in legno, pavimentazioni, scalini e soglie in graniglia di cemento.
LOTTO VIII – FABBRICATO 1-2-3
Questo fabbricato è il più grande di tutti “Alberghi Rossi”, è l’unico con indice di fabbricazione medio di 7,4 mc/mq, contro i 3,00 mc/mq di tutti gli altri interventi. L’edificio è formato da tre corpi disposti a corte con altezza diversa, uniti tra loro da un basamento con archi e portici. Presentano sette corpi scala interni che servono 3-4 abitazioni l’uno. La corte è attrezzata ad area verde e limitata da tre fabbricati. Questi ultimi hanno al piano terra grandi arcate uniche che evidenziano gli accessi, mentre al piano superiore scandiscono i vani di abitazione. I prospetti sembrano singoli edifici a schiera accostati tra loro in stile medioevale, suddivisi in settori verticali con varie altezze, incorniciati da paraste e cornici in tufo sulle facciate intonacate e decorate da finestre di forme differenti. I balconi, le logge e i volumi sono sostenuti da barbacani; una particolarità è la soluzione d’angolo con i comignoli contrapposti che inquadrano la facciata.
LOTTO X – FABBRICATO 10 – PIAZZA ROMANO “CASA CON BASAMENTO”
Questo edificio è uno dei più rilevanti di Piazza Bartolomeo Romano. La pianta con andamento lineare segue la strada, é simmetrica e piegata lievemente sui corpi scala interni al giardino con tre alloggi per piano. Il prospetto principale è diviso in 3 fasce sovrapposte: un forte basamento, una facciata costituita da forti angoli pieni e il piano attico. In questa architettura sono evidenziati temi come la rotazione degli angoli e l’uso di volumi conclusi da timpani per accentuare la relazione dell’edificio e delle singole parti con il tessuto urbano.
LOTTO XII – FABBRICATO 6
Il cinema-teatro ha una duplice funzione di residenza e teatro. Le due funzioni principali sono evidenti e separate: il volume del cinema-teatro risulta curvo verso la piazza, invece il corpo degli alloggi retrocede e si piega ad avvolgere il resto. L’edificio presenta un piccolo tempio, in riferimento ad un linguaggio classico, come conclusione del fabbricato, appoggiandosi sul fronte pieno e sottolineando la funzione pubblica e il ruolo urbano dell’edificio. La sala del teatro ha la stessa ispirazione classica, è ruotata di 90 gradi rispetto all’asse di simmetria dell’edificio in rapporto con la piazza. Il sistema di copertura della sala ellittica è costituito da travi in cemento armato poste su otto pilastri di cui quattro a sezione trilobata. Con gli interventi successivi la rimozione dell’arretramento del volume della galleria e la chiusura del portico d’ingresso hanno comportato un appesantimento sulla piazza.
LOTTO XXXII – FABBRICATO 8 E XXXVII FABBRICATO 7 – PIAZZA SANT’EUROSIA “EDIFICIO A PONTE”
Uno degli edifici più caratteristici e particolari del quartiere. L’ingresso principale è posto centralmente rispetto alle due unità simmetriche, poste ai lati di via Antonio Rubino, collegate da un grande arco ad uso terrazza che sottolinea l’importanza urbana dell’edificio, insieme al basamento che ospita le piccole botteghe. Il carattere monumentale è sottolineato dalle due grandi superfici verticali che risultano cieche e con una leggera concavità, contrapposte alle fasce orizzontali del marcapiano e delle trabeazioni terminali.