La Centrale Termoelettrica di Trapani fa parte della trilogia di centrali siciliane progettate da Giuseppe Samonà con il figlio Alberto e Giuseppina Marcialis. Costruita a partire dal 1963, è un tassello di una collaborazione fruttuosa e duratura tra la Società Generale Elettrica Sicula (S.G.E.S., poi assorbita dall’E.N.E.L.), in qualità di committente, e l’architetto e urbanista palermitano, che può annoverare anche la realizzazione di un importante Palazzo per Uffici in Via Marchese di Villabianca nella vicina città di Palermo.
L’impianto trapanese viene realizzato a meridione dell’abitato urbano, a ridosso dell’odierna Riserva Naturale delle Saline, situata, com’è ovvio, a pochi passi dal mare. Il valore della potenza erogata dalle turbine è quello più basso fra le tre centrali siciliane progettate da Samonà, carattere di terzietà peraltro confermato anche dalle dimensioni architettoniche nettamente inferiori rispetto agli altri due impianti isolani: quello di Termini Imerese (oggi demolito) e quello di Augusta. L’edificio trapanese (o meglio, il complesso di edifici), passato attraverso più versioni di progetto prima di giungere alla sua conformazione definitiva, data la presenza delle saline, svetta in un paesaggio eccezionalmente piano, fatto alternativamente di materia solida e liquida: la centrale, insieme ai mulini a vento e ai bianchi cumuli di sale, costituisce senza dubbio uno dei contrappunti verticali alla marcata orizzontalità del sito. L’organismo architettonico dell’impianto si compone di due edifici autonomi: dal centro urbano, il primo ad essere visivamente percepibile è la fabbrica destinata agli uffici, che presenta due elevazioni fuori terra, un vano scala trasparente aggettante verso nord (posto nell’estremità nord-ovest) e delle aperture a fascia orizzontale sui due rispettivi piani. A contenere i veri e propri generatori di energia è l’altro edificio che compone la centrale, ovvero, la sala macchine, che si trova ad una distanza di 2,25 m dal corpo degli uffici, ed è disposta perpendicolarmente a quest’ultimo.
Lunga quasi 55 m e alta 17 m circa, è affiancata, sul lato est, per tutta la lunghezza longitudinale, da un padiglione ad una sola elevazione fuori terra, figurativamente percepibile come un unicum con la stessa sala macchine. Sia per quest’ultima che per il corpo degli uffici la struttura portante è del tipo intelaiato in acciaio, opportunamente denunciata all’esterno: nel caso della sala macchine si contano ben sette telai identici disposti trasversalmente, ognuno dei quali si compone di due ritti verticali a struttura reticolare aventi in sommità da altrettanti elementi speculari inclinati con funzioni di puntone, atti a reggere la grande copertura a tetto spiovente. I sistemi di tamponatura a pannello erano posizionati all’interno del perimetro definito in pianta dalla struttura, staccando in profondità le controventature che connettevano tra loro i sette telai appena descritti di una distanza di poco inferiore a 1 m: si trattava di un espediente linguistico messo in atto dal progettista per creare giochi chiaroscurali sulla superficie della facciata sotto l’azione della luce naturale, nella più totale coerenza con tutta la sua produzione architettonica post-bellica, che vedeva la denuncia esplicita verso l’esterno dello scheletro portante dei suoi edifici.
Purtroppo però ad oggi, quanto realizzato a Trapani da Samonà risulta in buona parte cancellato: l’edificio infatti, dopo essere stato dismesso, fu frazionato in due parti: la sala quadri rimase all’Enel, mentre la sala macchine (ridotta alla sola struttura in acciaio) e il corpo degli uffici furono ceduti. Pertanto, parzialmente smontata e abbandonata all’incuria, la Centrale Termoelettrica trapanese rischia di scomparire definitivamente.
(informazioni tratte da: Damiano, S., “Il disegno per la salvaguardia dell’architettura: la centrale termoelettrica di Giuseppe Samonà a Trapani” in Belardi, P. (a cura di), in Riflessioni/Reflections, Gangemi Editore, Roma 2019).